Alle 16.00 di venerdì 11 febbraio lo spazio libri è tutto per Mario Luzzatto Fegiz, “la rockstar dei critici musicali”, che ripercorre la sua vita e vuota il sacco su 50 anni di musica, giornalismo e cultura. Cosa prova prima di andare in scena Ornella Vanoni? Cosa si nasconde dietro uno scoop? Come nasce una recensione? Come riuscire a incontrare Mina senza farsi cacciare? Si può restare calmi quando squilla il telefono e all’altro capo c’è Bob Dylan o Vasco Rossi? Il più noto e longevo critico musicale italiano vuota il sacco rivelando retroscena e dettagli di star italiane e straniere, senza fare sconti a nessuno, soprattutto a se stesso. Così nasce Troppe zeta nel cognome (Hoepli) un’ironica autobiografia, uscita il giorno del settantesimo compleanno dell’autore, il 12 gennaio 2017. Dall’osservatorio privilegiato di un giornalista musicale che ha cavalcato radio, tv, quotidiani, settimanali e web, un diario intenso in cui pubblico e privato si mescolano in un racconto avvincente nel quale emerge il complesso rapporto di amore-odio che spesso caratterizza i rapporti fra gli artisti e il critico. Il volume è arricchito dalla prefazione di Pippo Baudo e dall’introduzione di Ranieri Polese, che hanno condiviso in maniera diversa la vivacità professionale dell’autore. Mario Luzzatto Fegiz racconta gli artisti fra palco e realtà, senza filtri e pudori, racconta 50 anni di canzoni e personaggi che hanno condizionato i costumi e la società. E infine svela segreti e trucchi del mestiere del critico musicale: per scrivere una buona intervista non occorrono giuste domande, ma buone risposte, per scrivere una buona recensione non occorrono belle canzoni ma buone orecchie.
Mario Luzzatto Fegiz, nato a Trieste il 12 gennaio 1947, è critico musicale e inviato del Corriere della Sera, con numerose esperienze radiofoniche (debuttò nel 1969 alla RAI con Per voi giovani) e televisive (fra cui Mister Fantasy, Re per una notte e Momenti di gloria). “La Rai, fin da bambino, è stata per me come un sogno – dice – Soprattutto la radio. Mi alzavo dal letto e la accendevo prima ancora di sedermi in cucina a fare colazione: “masticavo” la musica e le notizie dei giornali radio sin dal primo mattino”. E ancora, racconta di sé: “Diana Ross, invece, mi fece uno scherzo curioso. All’aeroporto mi mandò a quel paese. Così durante lo spettacolo al Teatro Tenda di Lampugnano mi cercò fra il pubblico in platea. Mi chiese di alzarmi, mi prese per mano e mi fece ballare con lei. Che vergogna. Ho imparato molto dai cantautori. Da De André il perdono, l’assoluzione, l’amnistia assoluta. Da Gino Paoli l’importanza di essere immediati, diretti e umorali. Da Roberto Vecchioni la rielaborazione e la sublimazione del dolore. Da Enzo Jannacci il fascino discreto dell’incoerenza e uno humour speciale, tutto milanese, che odora di fabbrica, nebbia e case di ringhiera”.